In tutta la sua lunghezza il rione confina a sud con il Tevere. Il suo nome deriva appunto da renula o arenula, termine con cui anticamente s’indicavano gli arenili che il Tevere formava lungo la sua sponda.
Sin dalle epoche più remote uno strettissimo rapporto col fiume aveva contraddistinto la vita economica e sociale di questa zona di Roma, sorta nella porzione meridionale del Campo Marzio a ridosso dei Fori Boario e Olitorio e del Porto Tiberino, punto di attracco delle navi che solcavano le acque del Tevere.
Qui sorgevano infatti i Navalia, i cantieri navali in cui tali imbarcazioni venivano costruite; ma vi si trovavano anche importanti luoghi di culto, come il Tempio di Nettuno, nonché portici e botteghe artigiane. Questo intimo rapporto col Tevere proseguì nel Medioevo, quando sulle rive del fiume iniziarono a sorgere mulini ad acqua, presso i quali venivano trasportate ingenti quantità di grano, conservate nei poco distanti magazzini frumentari. La zona prese così a popolarsi sempre più, mentre, intorno alle chiese e ai monasteri sino ad allora piuttosto isolati, iniziarono a sorgere le abitazioni di quegli artigiani che vi avevano insediato le proprie botteghe, delle quali è rimasta memoria nella toponomastica. In mezzo alle modeste casupole del popolino cominciarono a torreggiare anche le possenti dimore delle famiglie baronali romane, quali i Cenci, i Savelli, i Salomoni, che presero a disputarsi il controllo di questa importante area cittadina.
Intorno alla metà del XV secolo gli edifici rinascimentali iniziarono a sostituire quelli medievali e una nuova struttura urbana prese a delinearsi sempre più, finché, agli inizi del secolo successivo, l’apertura di via Giulia e la costruzione di Palazzo Farnese non dettero luogo a una vera e propria rivoluzione edilizia, contraddistinta dall’erezione di sontuose dimore patrizie, come quelle dei Falconieri, dei Ricci e dei Capodiferro, alcune delle quali caratterizzate da lussureggianti giardini che si affacciavano sul Tevere.
La vicinanza con San Pietro, resa più agevole dal collegamento di via Giulia, ebbe come conseguenza la creazione e l’ampliamento, accanto alle rispettive chiese nazionali, di ospizi e ricoveri destinati ai pellegrini stranieri in visita all città santa, particolarmente numerosi in occasione dei giubilei. Così, accanto alla chiesa di Santa Brigida in piazza Farnese, sorse l’ospizio degli Svedesi, mentre gli Spagnoli e gli Inglesi ebbero il loro luogo di ricovero presso le chiese di Santa Maria in Monserrato e di San Tommaso.
La vicinanza del rione col fiume non fu però sempre idilliaca: numerose furono le inondazioni che danneggiarono nel tempo edifici civili e religiosi, rendendone indispensabili frequenti restauri. Fu per tale ragione che nell’Ottocento si provvide all’innalzamento degli argini del Tevere, cui seguirono gli interventi per Roma capitale, i quali in parte sconvolsero l’antica topografia della zona, che tuttavia conserva ancora angoli intatti dove il tempo pare essersi fermato.
Il fulcro e cuore del rione è costituito da piazza farnese.