Il 12 febbraio 2014 nella semifinale di ritorno di Coppa Italia il Napoli vincendo 3 a 0 è in finale. L'avventura della Roma si è conclusa tristemente con una pesante sconfitta.
Ma come si è arrivati alla disfatta del San Paolo?
Tutto era iniziato la domenica precedente, al termine del derby fra Roma e Lazio, quando i due allenatori si sono stretti la mano.
Al termine del derby, Garcia, l'allenatore della Roma, per niente soddisfatto del risultato finale, chiese al tecnico biancoceleste come avesse fatto a pareggiare la partita nonostante l'inferiorità tecnica della sua squadra.
Reja, preso un po' alla sprovvista da quella strana domanda, fatta a bruciapelo, d'impulso, rispose: «Sono riuscito a compensare l'inferiorità tecnica mettendo in campo dei giocatori intelligenti.»
«Vabbè, ma come fai a capire se lo sono o no?» Chiese Garcia, incuriosito.
«Faccio una domanda che presuppone una risposta intelligente e vedo come mi rispondono. Ti faccio un esempio.»
Girò lo sguardo e, ad alta voce, chiamò Klose, l'attaccante laziale, che proprio in quel momento rientrava negli spogliatoi.
«Mi dica mister!»
«Rispondimi a questa domanda. Se tua madre ha un figlio, e questo non è tuo fratello, né tua sorella! Chi è?»
«Semplice Mister, sono io!»
Reja, soddisfatto della risposta, fece notare a Garcia: «Ecco, questa è la dimostrazione che Klose è un giocatore intelligente.»
Durante la notte Garcia meditò e il giorno dopo, a Trigoria, durante l'allenamento, chiamò il suo capitano: «Francesco! Vieni qua.»
«Mi dica mister, che devo da scattà su ‘a fascia?»
«No! Devi solo rispondere a una semplice domanda.»
Assumendo un'espressione erudita e fissando negli occhi il suo giocatore, gli fece la domanda che aveva appreso il giorno prima da Reja: «Se tua madre ha un figlio, e questo non è tuo fratello, né tua sorella! Chi è?»
«Nun è mi fratello... nun è mi sorella... e chi è? Mister ce devo pensa.»
«Certo, Francesco, basta che mi rispondi prima della partita di mercoledì a Napoli. Se mi rispondi ti faccio giocare, altrimenti panchina.»
Totti, non sapendo la risposta, chiese aiuto ai suoi compagni di squadra: «A ragà, aiutateme, er miste s'è ‘mpazzito! M'ha fatto ‘sta strana domanda: “Tu madre cià ‘n fijio, ma nun è né tu' sorella e nemmanco tu' fratello. Chi è?”»
De Rossi, De Sanctis e Gervinho, che peraltro neanche capiva il romanesco, guardandolo smarriti, esaminando un'infinità di possibilità, cercarono una possibile risposta, ma nessuno ne venne a capo e così Totti, ormai scoraggiato, prima di salire sul pullman che portava la squadra a Napoli, fece un ultimo tentativo e coinvolse anche l'autista. Fece anche a lui il quesito: «A Gianni, te faccio ‘na domanda: “tu' madre cià ‘n fijio, ma nun è né tu sorella né tu fratello. Chi è?”»
L'autista, guardandolo sorpreso, rispose di getto: «A France', ma che sei ‘mbecille? So' io, no?»
Totti, ringraziandolo di cuore, raggiante, andò da Garcia con la soluzione: «Mister, mister ciò la risposta! È Gianni l'autista.»
«Gianni?» ripeté Garcia con le mani nei capelli per lo sconforto. Deluso e incredulo per quello che aveva appena sentito, sconsolato, lo rimproverò: «Non hai capito nulla, hai sbagliato tutto. Non è Gianni.» E, ormai persa ogni speranza, rassegnato all'insuccesso, gli svelò la soluzione: «È Klose, l'attaccante della Lazio.»
Il resto è storia conosciuta. A Napoli, il capitano della Roma partì dalla panchina e giocò solo gli ultimi trenta minuti del match, perso per 3-0.
Ispirato da una barzelletta di Totti che, oltre a essere un grande campione, ha il dono dell'autoironia.
G. D'Angelo